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Meta organizzazione e gestione comune del servizio sanitario

 

di CARLO ROMAGNOLI

Commonfare, insieme all’accesso al reddito ed alla conoscenza, significa anche diritto alla salute, condizione costitutiva della qualità della vita. Al fine di rendere esplicito (e criticabile) un percorso di lotte e sperimentazioni per una gestione comune dei servizi socio-sanitari, propongo di: 1) acquisire le valutazioni disponibili sui modi di gestione privato e pubblico in sanità e sulla situazione epidemiologica attuale; 2) valorizzare gli elementi di riflessione che la pratica sociale ci fornisce, a partire: ⁃ dalle lotte per la salute e contro le privatizzazioni; ⁃ dai processi di condivisione e cooperazione nei servizi socio sanitari; ⁃ dai modelli di gestione “comune“ emersi nel fordismo; ⁃ dalle specificità della sanità in quanto organizzazione professionale; 3) esplicitare alcune ipotesi di lavoro su cui avviare lotte, con ricerche e sperimentazioni. 1.Valutazioni disponibili. Nel breve periodo di autonomia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha avuto nel biennio 2007-2008 grazie alla soggettività liberata dalla crisi dei subprime, hanno visto la luce una serie di importanti valutazioni relative: 1. all’affermarsi sia della produzione di energia (1) quale determinante globale di salute, in grado cioè di creare impatti su scala macro (cambiamento climatico) e loco regionale (con una maggiore frequenza di fenomeni atmosferici estremi, forti variazioni nella disponibilità di acqua e cibo, modificazioni degli areali di distribuzione di vettori di malattie trasmissibili, ecc), sia dei mercati finanziari quali modificatori di effetto (2) dei classici determinanti sociali di salute ( reddito, alimentazione , istruzione, qualità della vita nell’infanzia, integrazione sociale, ecc), in quanto capaci di modificarne la disponibilità per intere popolazioni, senza che le sanità pubbliche dei rispettivi stati nazione abbiano effettivi poteri di intervento. Si riconosce così che la salute è anche il portato di determinanti sociali globali, dando fondamento ad un nuovo assetto dei servizi sanitari chiamati ad impegnarsi oltre che sul piano loco regionale, anche su quello globale (3); 2. alla inefficacia dei sistemi privati nel garantire salute da un punto di vista di popolazione, una criticità che affligge almeno 5,6 miliardi di abitanti della terra e che prende le sembianze della scarsa innovazione e dei costi elevati quando si valutano gli impatti del project financing sulla costruzione di nuovi ospedali (4); 3. alla sostituzione dei fini (!) da parte dei servizi sanitari pubblici che invece di lavorare per equità nella salute, comunità sane e servizi socio sanitari appropriati ai bisogni delle popolazioni, producono sistemi di cura sempre più ospedalocentrici ed orientati su risposte commerciali ( es.: farmaci e vaccini) e frammentate (3). 4. 4. alla situazione epidemiologica attuale, caratterizzata, in estrema sintesi, da una associazione diretta tra reddito disponibile e tipologia di malattie prevalenti: ove il reddito è molto basso prevalgono fame, malnutrizione e malattie infettive, mentre i redditi sono medio alti, prevalgono condizioni cronico degenerative (ipertensione, diabete, iperalimentazione, ecc) caratterizzate, al momento attuale, da una sostanziale inguaribilità ( il loro decorso può essere solo rallentato e gli esiti invalidanti posticipati), con grande felicità delle case farmaceutiche, che fanno di tutto per promuovere approcci basati sulla medicalizzazione della risposta, in modo da avere una vastissima platea di “pazienti” che “debbono” consumare farmaci praticamente per tutta la vita. 5. 6. 2.. Gli elementi di riflessione che la pratica sociale ci fornisce. Chiaramente, le valutazioni dal sen sfuggite all’OMS sono in primo luogo la sedimentazione delle lotte contro il bio potere. Quei 5,6 miliardi di persone che devono pagare di tasca propria l’accesso alle cure, finendo talora per andare in bancarotta o rinunciando più spesso a curarsi e quindi subendo sofferenze, disabilità e morti evitabili, con le loro insorgenze (5) chiedono attraverso pratiche di democrazia reale diritti basilari quali cibo, reddito, istruzione, salute… 2.1. E, accanto alle insorgenze, nascono nuove forme di lotta per la salute: se il lavoro diventa sempre più “cognitivo”, le persone si pongono a loro volta di fronte ai problemi di salute non come masse indistinte, ma come singolarità capaci di autodeterminarsi grazie alla cooperazione ed alla condivisione attraverso la rete, come nel caso della campagna vaccinale per la pandemia da H1N1 – detta influenza suina- dichiarata nel 2009 da una OMS di nuovo prona alle richieste di Big Pharma: l’11% di adesione in Italia a questa campagna vaccinale ha trovato riscontro in un trend mondiale in cui l’auto attivazione in rete (6) ha: ⁃ determinato bassa adesione ovvero un esodo moltitudinario da una pratica vaccinale percepita come imposta da interessi commerciali e poco sicura per la salute dei vaccinati; ⁃ segnato precisi limiti ai poteri della comunicazione verticale dei media ufficiali ed a programmi di sanità pubblica non basati su programmazione partecipata, trasparenza, inclusione, condivisione; ⁃ inferto un duro colpo al bio potere di Big Pharma, incapace di creare senso e immaginario; ⁃ imposto una tregua sul fronte della attivazione di campagne mediatiche tese a terrorizzare la popolazione ( ne abbiamo viste dal 2005 al 2009 una all’anno) con l’annuncio di imminenti epidemie di terribili malattie infettive, per vendere immense quantità di vaccini di dubbia efficacia. ⁃ 2.2. Se poi passiamo ad osservare i dispositivi effettivamente adottati in alcuni settori dei servizi socio sanitari, riscontriamo consistenti elementi di gestione comune (7), riferibili a comunità di pratiche basate su condivisione, inclusione, cooperazione: ⁃ la condivisione della metodologia usata nelle studi sulla efficacia garantisce trasparenza nella valutazione degli studi, ponendosi come utile strumento per far emergere conflitti di interesse; ⁃ la condivisione è alla base degli approcci metodologici usati da molti servizi socio sanitari ⁃ (diagnosi di comunità. audit clinici, con-ricerca, ricerca azione, lavoro per processi, lavoro di rete, approcci euristici della psicologia di comunità, ecc); ⁃ la condivisione delle priorità in promozione salute è costitutiva della metodologia degli interventi che caratterizzano questa funzione; ⁃ la valutazione in regime di terzietà sulla qualità dell’assistenza sanitaria tramite gli audit civici, dove, aderendo ad un bando, chiunque può diventare auditor civico e partecipare alla verifica della qualità dei servizi sanitari, utilizzando una check list sui requisiti minimi cui dovrebbero adeguarsi gli organizzatori. Al di là della migliorabilità di ciò che è oggetto di valutazione, qui interessa l’eccedenza insita nella valutazione in regime di terzietà, che sovverte l’assetto proprietario della progettazione aziendale e innova profondamente i dispositivi valutativi, dando legittimità anche metodologica al puntodi vista dei beneficiari dei servizi. 2.3 Nella prospettiva di un gestione comune dei servizi socio sanitari, sono da tenere presenti anche i dispositivi emersi in epoca fordista e non sopravvissuti ad essa: un servizio sanitario nasce quasi sempre come un bene comune (le lotte operaie contro le esposizioni a rischio attraverso i gruppi omogenei di fabbrica; le lotte delle donne per affermare i consultori come risposta specifica ai loro bisogni di salute; l’assistenza primaria proposta nel 1978 alla conferenza di Alma Ata come modello per l’organizzazione di servizi sanitari centrati sui bisogni delle collettività, accessibili culturalmente e sostenibili economicamente) ma diviene nel tempo meno “comune” e più permeabile agli usi privati ( dei partiti, delle multinazionali di farmaci, vaccini e tecnologie sanitarie, dei professionisti, delle logge massoniche e dell’opus dei, ecc) se vengono meno le condizioni sociali e politiche che hanno piegato lo stato ad accettare forme di partecipazione nella sua programmazione, gestione e valutazione. In Italia con l’aziendalizzazione della sanità abbiamo bevuto fino in fondo questo amaro calice: oggi varie ricerche condotte su tutto il territorio nazionale evidenziano come le aziende sanitarie non applichino nessuna delle norme vigenti in materia di partecipazione. 2.4 Infine occorre tanto fare i conti che valorizzare le specificità della sanità in quanto organizzazione professionale: i professionisti – lavoratori cognitivi ante litteram – abitano il nucleo operativo delle aziende sanitarie, godendo di ampia “autonomia professionale”, la cui base materiale risiede nel fatto che essi sono ritenuti in grado di intervenire in due punti di indeterminatezza centrali nel garantire la transizione dalla condizione di malato a quella di sano: quale diagnosi e quale terapia2. E, per chi guarisce (nel nostro caso i medici) il principio di competenza è riconosciuto come istituzionalmente superiore al principio di disciplina. Infatti il conflitto tra il potere della conoscenza e quello della posizione ha sempre creato problemi agli approcci fordisti, basti pensare che in sanità le strategie (quali pazienti includere in un determinato trattamento) sono etero definite, cioè scelte per condivisione nelle società scientifiche al di fuori delle influenze della azienda sanitaria. Ed è di un certo interesse osservare che, di fronte alla impossibilità di dettare tempi e metodi, pur di evitare l’auto organizzazione – che in questo caso significherebbe autoreferenzialità – la soluzione è consistita nella adozione di dispositivi “metaorganizzativi”, in un contesto di formale aziendalizzazione, volti a creare le condizioni, attraverso processi di creazione di senso e robusti percorsi di formazione in servizio, per sviluppare e manutenere conoscenze e capacità, in cui è più probabile che i “professionisti” lavorino bene. 1. 3. Ipotesi in sperimentazione e terreni di conflitto / intervento. Prima di elencare sinteticamente alcune ipotesi da sperimentare nella prospettiva di una gestione comune della sanità, occorre esplicitare un paio di assunti: – il primo riguarda la necessità di collocare in una dimensione quanto più possibile moltitudinaria e quanto meno possibile minoritarista e/o di nicchia i processi di riappropriazione/ invenzione del comune in sanità. Collocarsi nella mainstream implica a sua volta la necessità di attivare coalizioni tra istanze di base e singolarità, definendo così su basi nuove la composizione del movimento che metaorganizza la costruzione/ invenzione del comune; – il secondo assunto riguarda il carattere aperto, non proprietario e legato ad un approccio di lavoro per processi, delle sperimentazione qui proposte e si collega alla conseguente adozione di dispositivi meta- organizzativi per attivare una gestione comune dei servizi sanitari e supportare la cooperazione tra singolarità. Al momento attuale tra le ipotesi in sperimentazione per una gestione comune della sanità, collochiamo: 4.1.Lavoro di rete con associazionismo, terzo settore, società scientifiche, alcuni sindacati o componenti sindacali, singolarità, gruppi informali, ecc.) tramite con ricerche, ricerche azioni e tavoli di convergenza per attivare coalizioni locali in lotta: ⁃ contro l’uso privato del servizio sanitario per mano dei partiti (6 assessori alla sanità indagati su 21 nel 2011 – fronte bypartisan) ⁃ contro l’imposizione di nuovi modelli di malattia (disease mongering), vaccini, farmaci e tecnologie inappropriate o aree di opacità create ad hoc da logge ed opus dei; – contro la gestione aziendalistica della sanità; ⁃ contro i processi di “razionalizzazione / smantellamento” della sanità nella crisi; ⁃ per la valorizzazione della gestione comune della sanità come alternativa praticabile, efficace e sostenibile ⁃ per la riappropriazione di servizi ( consultori, distretti, centri di salute mentale, dipartimenti ⁃ prevenzione, ospedali, ecc) ⁃ per produrre co-soggettivazione su salute e sanità come commons ⁃ per verificare la sostenibilità di alcuni dispositivi che potrebbero caratterizzare una gestione comune: la scelta condivisa delle priorità e la valutazioni in regime di terzietà della qualità dei servizi e della loro efficacia 4.2 Interazioni con le diverse realtà in lotta sia a livello nazionale che altrove: 1. – con le occupazioni di ospedali e le gestioni dei servizi socio sanitari di base per la difesa del servizio sanitario in Spagna; 2. – con le lotte per la attivazione di servizi per la salute in paesi in cui sono in corso insorgenze (es.:Tunisia, Egitto); 3. – con i movimenti in lotta contro il cambiamento climatico e con quelli per la salute globale: nella Conferenza di Rio su determinanti di salute e disuguaglianze (ottobre 2011), stati ed associazioni di oltre 60 paesi hanno sottoscritto una dichiarazione alternativa (8) a quella molto annacquata sottoscritta dall’OMS e dai paesi di area OCSE, in cui analizzano l’impatto sulla salute della globalizzazione finanziaria e invitano alla globale su questo terreno. 1. 4.3. Costruzione condivisa di modelli e loro implementazione: oltre alla prefigurazione di un modello per la gestione comune comune della sanità (tab. 1), operazione sempre a rischio di 2. 1 parzialità, ma necessaria per creare una base di discussione, può esser utile attivare gruppi di lavoro multidisciplinari che, partendo anche dalle osservazioni empiriche sopra riportate e dai contributi di della Ostrom in tema di sostenibilità dei beni comuni (9), verifichino la sostenibilità socio antropologica ed economica dei modelli, anche in questo caso attivando interazioni con altre realtà ( es. Francia), in cui sono in corso avanzate riflessioni sul passaggio dal pubblico al comune. Bibliografia 1) WHO (2008):“Protecting health from climate change – World Health Day 2008”. WHO Geneva 2) CSDH (2008): “Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health. Final Report of the Commission on Social Determinants of Health.” Geneva, World Health Organization. 3) WHO (2008): “The world health report 2008 : primary health care now more than ever.” WHO Geneva.Castells M (2000): “La nascita della società in rete”. Blackwell Pubblisher Ltd, Oxford 2000; ed. it Università Bocconi editore, Milano 2002; 4) Hellowell M and Pollock AM (2010) “Do PPPs in Social Infrastructure Enhance the Public Interest? Evidence from England’s National Health Service”The Australian Journal of Public Administration, vol. 69, no. S1, pp. S23–S34 5) Romagnoli C. (2011) “Accesso alle cure efficaci tra crisi e insorgenza globale”. Celsus 1/2011; pp. 16-17, About Pharma, Milano. 6) Castells M (2009): “Comunicazione e potere” Università Bocconi Editore, Milano 7) Monnier JM et Vercellone C: (2007) “Travail, genre et protection sociale dans la transition vers le capitalisme cognitive”. European Journal of Economic and Social Systems. 20;1:15-35. 8 ) http://saluteinternazionale.info/2011/10/determinanti-sociali-della-salute-e-diritti-umani-dalla-retorica-alla-pratica-quotidiana/ 9) Hess. C et Ostrom C (2009): “La conoscenza come bene comune” Bruno Mondadori Torino

 

 

 

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